Storia sulla violenza di confine

Riceviamo e pubblichiamo alcune riflessioni sulle violenze di confine . Lo scritto riguarda in particolare la frontiera franco italiana e si riferisce a un episodio drammatico avvenuto nel marzo 2021: l’intervento delle forze dell’ordine francesi nei confronti di una madre e di suo figlio minorenne (e disabile) conclusosi con percosse e reclusione per via di problemi con alcuni documenti . Una storia di razzismo istituzionalizzato e di violenza gratuita.

Scriviamo queste poche righe con tanta rabbia dentro, scriviamo ma vorremmo correre. Scriviamo ma vorremmo urlare. Scriviamo ma vorremmo piangere, anche se in realtà nel silenzio delle nostre case già lo stiamo facendo.
Spesso le cose ci passano davanti senza che ci accorgiamo, altre volte ci soffermiamo per poi lasciarle andare, così come sono arrivate, altre volte ancora ci fermiamo, ci arrabbiamo e poi proviamo a trasformare questa rabbia in qualcosa di costruttivo che abbia un senso.
Poi invece ci sono quei momenti in cui quello che prima ti sembrava più lontano, o per lo meno non ti toccava da vicino, appare così vicino. Così vicino che ti travolge come un treno (o come un tgv, visto che questa storia passa anche dai treni), così vicino che non riesci più a ragionare.

Questa storia parla di mia, nostra, mamma. Sì, ma non la mamma bianca, l’altra. Quella nera.
Nera, perchè quel colore ha un peso non insignificante, soprattutto se vivi in un paese dominato dal bianco, da quel bianco patriarcale e razzista.
E oggi quel bianco si è fatto sentire in tutte le sue forme più razziste e becere.
Ecco che così, nostra madre, oggi, nel silenzio della ragione, è stata presa, spinta, insultata, come le bestie dice lei, mentre in lacrime ci parla al telefono e prova a resistere a quest’onda d’urto che la sta travolgendo.

Mondande, Dogana francese, Marzo 2021.
Quest’onda d’urto ha un nome e cognome: polizia. La conosciamo ormai bene, sono molte e molti le compagne e i compagni che ci raccontano la sistematicità della violenza sul confine. Ma oggi questa violenza ci travolge quasi inaspettatamente. Perchè a subirla e raccontarcela sono nostra madre e nostro fratello.
Finisce che, per un errore con i documenti, queste due “bestie” non possano proseguire il loro viaggio verso la Francia. Allora, spinti per strada, insieme alle valigie, a nostra madre non resta che urlare, girandosi indietro perché nostro fratello, affetto da sindrome di down, non riesce a tenere il passo mentre, dietro uniformi e distintivi, il bianco spinge e insulta.
Spinge, sia nostra madre che nostro fratello, e poco importa se quest’ultimo cade a terra, quelle “bestie” devono tornare indietro, a tutti i costi.
Ma Dio, dice mamma, non perdona. Dio non dimentica la polizia francese, Inshallah!

Luca e Maria.

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