Come si potrebbe definire un governo in cui i mercanti ricoprono un ruolo decisionale fondamentale? Come si potrebbe chiamare uno Stato i cui vertici spesso esaltano il gonfiore del portafogli (o l’accrescimento del proprio
ego) rispetto alla solidarietà, all’umiltà e all’abnegazione? Il concetto di purezza è ancora valido in un contesto secolarmente infetto da fame di potere, arrivismo e competizione? Il settaggio, lo stampo delle società, delle
città è ormai solidificato o esiste ancora possibilità di malleabilità? Sorgono spontanee tali questioni in un’epoca storica (1) controversa ed
(2) extra – ordinaria.
1) L’apparato sociale dello stato sta progressivamente subendo una trasformazione e sembra avviarsi verso la decadenza. Lo spazio concesso ai privati, alle speculazioni e agli affaristi fa piombare il nostro presente in uno
scenario a dir poco feudale, composto da pochi signori possessori del tutto e soprattutto golosi di profitto. A tale processo si oppongono varie forze, che a tratti paiono conquistare l’opinione pubblica in ottica radicalmente democratica e anticapitalista. (Questo foglio di carta si prefigge di essere una di queste energie oppositive). E’ in atto una sorta di guerra con echi tatcheriane
2) La pandemia in corso, la risonanza mediatica, la reazione della classe politica e del popolo, hanno scaturito una rottura e un passaggio a una nuova epoca interpretativa del reale. Il senso comune sta variando di paripasso
all’assetto politico privatizzante già citato in precedenza. Il popolo s’è scoperto debole e ciò destabilizza gli equilibri precedenti e potrebbe velocizzare il processo di sventramento del pubblico
C’è chi di questa situazione se ne approfiita: analizziamo a grandi linee la situazione della piramide sociale italiana, partendo dalla base: le classi sociali basse, già prima della crisi prive di potere d’acquisto, sono sempre più spinte
ad affidarsi ai grandi marchi, capaci di assicurare reddito e parvenza di diritti lavorativi. oltre ad alienazione; la piccola imprenditoria ha subito un duro colpo: se i proprietari non saranno affossati, di certo saranno danneggiati i
dipendenti (soprattutto del terzo settore) e in molti casi segnerà la chiusura dell’attività. Le multinazionali e la grande imprenditoria nell’ultimo anno hanno aumentato in modo esponenziale il proprio fatturato. Il divario tra i più ricchi e la base della società aumenta a dismisura. I concetti di comune, collettivo, pubblico o di ‘piccolo’ lentamente sfocano per lasciare posto a franchising, quotazioni in borsa ed iperproduzione. Banche e supermercati fioriscono nelle nostre città. I centri storici invasi dalle griffe e i parchi cittadini con tornelli controllori. Telecamere e pattuglie, paiono in difesa dello status quo, o del futuro che sta creandosi. Ospedali che divengono centri commerciali e boschi che si trasformano in cemento. Tutto a pagamento, le città diventano scambio di denaro e nulla più. La storia insegna che le sorti della società spesso dipendono dal fermento generato dalla base di essa; e una speranza ancora rimane.
Forse coloro i quali, stanchi di delegare una volta ogni cinque anni la propria libertà decisionale, hanno ancora in mente che il popolo unito nella lotta, difficilmente sarà sconfitto.